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sabato 9 aprile 2016

La Leggenda del Filo Rosso del Destino

Ecco un altra bellissima leggenda Giapponese che mi piace tanto.
La trama è uguale per tutti e da questa trama sono state create tantissime storie bellinssime

Una leggenda popolare giapponese, originata da una storia cinese, narra che ogni uomo e ogni donna viene al mondo con un filo rosso legato al mignolo della mano sinistra (la versione originale cinese narra che il filo è legato alle caviglie); questo filo unisce indissolubilmente due anime gemelle, due amanti, due persone destinate a vivere insieme, non importa la distanza, non importa l’età, la classe sociale o altro, è un filo che lega due anime per sempre.
Questo filo rosso non è visibile, è lunghissimo, indistruttibile e serve a tenere unite le due persone che sono destinate a stare insieme per sempre,il problema è che essendo molto lungo il filo spesso si aggroviglia e crea intrecci strani e nodi che creano difficoltà alle due anime destinate a congiungersi; ogni groviglio che verrà sciolto sarà il superamento di un ostacolo nella relazione, ogni nodo che verrà districato servirà a rafforzare il legame.                                                                                                             (http://www.eticamente.net/)

Eccoil titolo libro :

 Unmei no akai ito ovvero la Leggenda del Filo Rosso del Destino ..
 
ed ecco uno dei tanti libri 



mercoledì 13 gennaio 2016

la leggenda sui Maneki neko

Come avrete capito io li adoro.
Sono tante le storie su di loro , ho letto un pochino di tutto su di loro , su wikipedia viene riassunto un po tutto e ve lo riporto.
Se anche voi avete altre info fatemi sapere :)
Le origini del maneki neko sono incerte. Si pensa sia apparso per la prima volta verso la fine del Periodo Edo (1603-1867), ma il documento più antico è del XIX secolo, nel Periodo Meiji: venne infatti menzionato in un articolo di giornale del 1876 e ci sono prove che in quel periodo dei Maneki neko vestiti con dei kimono erano distribuiti presso un tempio di Ōsaka. Una pubblicità del 1902 che pubblicizzava i Maneki neko mostra che all'inizio del XX secolo essi erano popolari.[1]
Un aneddoto spesso attribuito a vari protagonisti (a imperatori giapponesi, a Oda Nobunaga, al samurai Ii Naotaka) racconta che questo illustre personaggio sia passato vicino a un gatto che sembrava salutarlo. Interpretando il movimento del gatto come un segno, il nobiluomo si fermò e andò verso di lui; essendosi allontanato dalla strada che stava seguendo, si accorse di aver evitato una trappola che era stata tesa per lui proprio poco più avanti. Da allora i gatti furono considerati spiriti saggi e portatori di fortuna. In molti luoghi di culto e case giapponesi si trova la raffigurazione di un gatto con una zampa alzata nell'atto di salutare, di qui l'origine del Maneki neko, spesso indicato anche come Kami Neko riferendosi al kami, o spirito, del gatto.
Una teoria lega l'origine del maneki neko, o almeno la crescita della sua popolarità, al sorgere del nuovo governo Meiji. Nel suo tentativo di occidentalizzare la società giapponese, il governo Meiji proibì i talismani sessuali popolari in quell'epoca, spesso chiaramente esposti nei bordelli. Con la scomparsa di questi oggetti popolari, rapidamente apparvero in sostituzione i Maneki neko, che forse con il loro gesto imitavano il gesto di una donna che richiamava a sé.
Altri hanno notato la somiglianza tra il gesto del maneki neko e quello di un gatto che si lava la faccia. Una credenza giapponese dice che un gatto che si lava la faccia significa che presto arriverà un ospite. Questa credenza potrebbe a sua volta essere legata ad un ancora più antico proverbio cinese, il quale afferma che se una gatto si lava la faccia, allora pioverà. E quindi è possibile che sia nata la credenza che la statuetta di un gatto che si lava la faccia porta clienti in un negozio.
Non è noto come il maneki neko divenne popolare negli Stati Uniti d'America, ma erano noti in tale stato almeno dal 1963, quando Patricia Dale-Green scrisse di loro in The Cult of the Cat. Il Maneki neko è molto comune nella Chinatown della città di New York dei giorni moderni, venditori esclusivi e negozi di strada ne mostrano e vendono un'innumerevole varietà, che vengono comprati soprattutto dai turisti. Sono spesso comprati perché buffi o come oggetto che può generare una discussione.

Leggende e racconti

Maneki neko è protagonista di varie leggende. Tre delle più famose, che spiegano l'origine del gatto sono le seguenti:
  • il gatto del Tempio: un ricco feudatario, durante un temporale, si stava riparando sotto un albero vicino al tempio Gotoku-ji (nella parte Ovest di Tokyo). Il feudatario vide il gatto del monaco del tempio che lo chiamava e andò verso di lui; un attimo dopo l'albero fu colpito da un fulmine. Il ricco signore, che era così scampato al fulmine, fece amicizia col povero monaco e ciò portò prosperità al tempio. Quando il gatto morì, probabilmente in suo onore fu costruito il primo Maneki neko.[2]
  • la cortigiana: una prostituta di nome Usugumo, che viveva a Yoshiwara, nella parte Est di Tokyo, aveva un gatto, al quale voleva molto bene. Una notte il gatto iniziò a tirare forte il suo kimono. Qualunque cosa lei facesse, il gatto continuava. Il proprietario del bordello vide la scena, e pensando che il gatto fosse stregato, gli tagliò la testa. La testa del gatto volò fino al soffitto, dove uccise un serpente, che avrebbe potuto colpire da un momento all'altro. Usugumo fu atterrita dalla morte del suo amico animale. Per rallegrarla uno dei suoi clienti le costruì una statuetta che raffigurava il suo gatto e gliela regalò. Questa statuetta in seguito divenne popolare come il Maneki neko.
  • l'anziana signora: una donna anziana che viveva a Imado (nella parte Est di Tokyo) fu costretta a vendere il suo gatto a causa dell'estrema povertà. Poco dopo il gatto le apparve in un sogno e le disse di fare con l'argilla un'immagine che lo ritraeva; la donna lo fece, e subito dopo vendette la statuetta. Poi ne fece anche altre, e la gente continuava a comprarle; diventarono così ricercate che la donna diventò ricca e benestante.





lunedì 13 febbraio 2012

la leggenda di Momotaro

Io adoro tutte le leggende e devo dire che le migliori sono quelle giapponesi e cinesi . Molti cartoni animato si ispirano poi a queste leggende come è successo a Momotaro . Momotaro 桃太郎 (chiamato anche Taro della pesca) è il protagonista di una famosissima e antichissima favola giapponese. Il racconto risale al periodo Edo e narra più o meno così: “C’erano una volta due vecchietti che vivevano in campagna. Avevano sempre vissuto da soli perchè non avevano figli. Un giorno mentre la nonna lavava i panni sul fiume, il nonno decise di andare in montagna a tagliare l’erba. Mentre lavava i panni sul fiume, la nonna si accorse di una grande pesca che fluttuava sul fiume, così si avvicinò. Appena riuscì a prenderla, l’afferrò e la portò a casa per mostrarla al nonno. Al suo ritorno dalla montagna, il nonno, sorpreso della grandezza smisurata della pesca che la moglie aveva trovato, decise di tagliarla e aprirla; con loro grandissimo stupore all’interno del frutto trovarono un bambino!! Poichè non avevano figli decisero di tenerlo con sè e di allevarlo come se fosse loro figlio e, proprio perchè nato da una pesca decisero di chiamarlo “Momotaro“. Passarono gli anni e Momotaro mangiava e cresceva sempre di più diventando un ragazzo forte e robusto oltre che molto generoso. Un giorno Momotaro venne a sapere che gli orchi dell’isola venivano di tanto in tanto a fare del male e a rubare ai poveri contadini così pensò di andare dagli orchi per dare loro una lezione e salvare i contadini dalla loro perfidia. Andò a casa e disse ai nonni che voleva partire. I nonni glielo sconsigliarono perchè poteva essere troppo pericoloso avventurarsi ma Momotaro ormai aveva deciso di andare perciò si preparò a partire. La nonna allora gli preparò del cibo e dei “Kibi Dango”, gli raccomandò di stare attento e gli augurò Buona Fortuna. Partito per la missione, Momotaro incontrò tre amici che si offrirono di aiutarlo nell’impresa in cambio dei suoi Kibi Dango: un cane rosso, una scimmia gialla e un fagiano blu. Il cane si chiamava Akainu (aka=rosso, inu=cane), la scimmia si chiamava Kizaru (kiiro=giallo, saru=scimmia) e il fagiano Aokiji (aoi=blu, kiji=fagiano). Il fagiano li attaccò da terra, la scimmia li graffiava e il cane li mordeva. La battaglia durò parecchio ma alla fine gli orchi sfiniti dovettero arrendersi e promisero che mai più avrebbero fatto del male o rubato alla gente di campagna; promisero anche che avrebbero dato come risarcimento per il male fatto alla povera gente tutti i loro gioielli e tesori più preziosi. Momotaro così torno a casa con tutti i tesori che distribuì a tutta la gente del villaggio e dopo una grande festa da quel giorno vissero tutti i pace e armonia”. La storia di Momotaro è particolarmente radicata a Okayama forse perchè le origini di questa storia potrebbero risalire a quella zona. L’isola degli orchi viene spesso associata all’isola di Megi-jima, un’isoletta nel mare vicino Takamatsu. Oggi è possibile trovare infatti proprio ad Okayama una statua che ritrae Momotaro insieme alla scimmia, al cane e al fagiano! Curiosità La storia di Momotaro è talmente famosa che il piccolo nato da una pesca è stato protagonista di alcuni lunghi e cortometraggi animati dove il protagonista affronta avventure sempre diverse. C’è infine nel manga One Piece un piccolo riferimento alla leggenda di Momotaro: nel manga infatti nel corso della storia fanno la loro comparsa tre ammiragli che si chiamano Aokiji, Kizaru e Akainu che sarebbero i nomi rispettivamente del fagiano blu, della scimmia gialla e del cane rosso, protagonisti della fiaba insieme a Momotaro. testo preso http://sakuramagazine.com "grazie"

venerdì 25 novembre 2011

La leggenda del monte Tsukuba

Come dice la leggenda,migliaia di anni fa,una divinità discese dai cieli e chiese a due montagne un posto dove passare la notte.Con la sua vetta maestosa e il suo cono quasi perfetto, il monte Fuji rifiutò,credendo con orgoglio ed arroganza che non avesse bisogno della benedizione di una divinità. Il monte Tsukuba,d'altro avviso,umilmente accolse l'ospite stimato,offrendo persino del cibo e dell'acqua. Oggi il monte Fuji è freddo,solitario e arido,mentre il monte Tsukuba esplode di vegetazione, ed è pieno di colori quando cambia la stagione. Il monte Tsukuba non è famoso soltanto per le leggende che sono apparse nelle antologie di poesie fin dal lontano 710 d.C. Oggi la montagna ed il suo santuario Shintoista sono sia una fonte di benedizione per il popolo giapponese che un "must" per turisti stranieri e locali. Da quando i picchi (maschio e femmina) hanno formato una coppia sono venerati come kami dallo shintoismo e si crede garantiscano armonia matrimoniale e felicità coniugale. grazie wiki

sabato 6 agosto 2011

LA LEGGENDA DI TANABATA

Il mito di Tanabata narra del pastorello Hikoboshi che un giorno si recò con il suo bue magico presso un fiume dove le dee tessitrici stavano facendo il bagno , e rimase affascinato dalla più giovane di esse, Orihime, ignaro di trovarsi di fronte a creature divine scese sulla terra per rinfrescarsi un po’. Il bue gli suggerì di rubare il vestito alla fanciulla e di nasconderlo dietro a una roccia.
Hikoboshi obbedì e Orihime non potè seguire in cielo le altre ninfe perché non era in grado di volare senza la sua veste. Il pastore le chiese di diventare sua moglie ed ella dopo qualche esitazione accettò la proposta. Si unirono in matrimonio e dopo alcuni anni ebbero un figlio e una figlia.

Un giorno la tessitrice chiese al marito di restituirle il suo abito e questi, pensando che ormai fosse inutile tenerlo nascosto, glielo riconsegnò, ma quando ella lo indossò sparì subito nel cielo lasciando Hikoboshi a bocca aperta. Il bue gli disse allora di attaccarsi alla sua coda così l’avrebbe portato in cielo insieme ai suoi figli. Giunto nella volta celeste, il pastore si recò al Palazzo dell’Augusto di Giada, Imperatore del Cielo e padre di Orihime. Gli riferì quanto era avvenuto e lo supplicò di ridargli sua moglie. L’Augusto chiamò sua figlia per conoscere le sue ragioni ed ella gli disse di amare suo marito e i suoi bambini, ma che essendo una creatura celeste non poteva più vivere sulla Terra. Il padre di Orihime quindi prese una decisione: il giovane pastore avrebbe ricevuto l’immortalità così da poter vivere in cielo, ma, come punizione per i loro inganni, i due sposi sarebbero stati separati per sempre da un fiume celeste, la Via Lattea. I due innamorati piansero amaramente e andarono mestamente a collocarsi nei luoghi assegnatigli dall’Augusto. Gli dei però ebbero pietà dei due innamorati e chiesero all’Augusto di alleviare la loro pena, e alla fine, egli concesse agli sposi di potersi incontrare una volta all’anno, il 7 luglio.
Da allora Hikoboshi e Orihime ogni 7 luglio si riabbracciano piangendo di gioia nel mezzo della Via Lattea, poiché tutte le gazze salgono in cielo con un rametto nel becco e intrecciano per loro un grande ponte sul bianco fiume di stelle. Ancora oggi, quando il cielo è sereno nelle notti d’estate, si può ammirare la Via Lattea e ai suoi lati le due stelle più grandi e luminose, Hikoboshi e Orihime , quelle che noi occidentali chiamiamo Altair e Vega.

In Giappone, in questo giorno si festeggia e per propiziare il bel tempo, la gente appende ai rami di bambù biglietti con il nome delle due stelle, mentre i bambini vi esprimono i loro piccoli desideri.